MEDIA LAW s.r.l. – Iscr. CC di Grosseto 01/06/2011 n. 129004 Cap. Soc. Inv. 10.000,00 Accreditato al n.837 del registro degli organismi di mediazione ed al n.401 del registro degli enti di formazione tenuti dal Ministero della Giustizia.
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Cos‘è l’arbitrato
Si tratta, più precisamente, di una deroga volontaria, in favore dell’autonomia privata, al principio generale secondo cui la giurisdizione è esercitata dalla magistratura. In quanto tale, l’arbitrato dev’essere tenuto distinto dall’istituto dell’arbitraggio cui all’art. 1349 c.c., che non indica una modalità di risoluzione di una controversia tra le parti, bensì il diverso caso in cui, in sede di conclusione del contratto, le parti abbiano rimesso ad un terzo la determinazione della prestazione ivi dedotta.
Le materie arbitrabili
Secondo quanto stabilito dall’art. 806 c. 2 c.p.c., inoltre, le controversie in materia di lavoro di cui all’art. 409 c.p.c. possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o dai contratti o accordi collettivi di lavoro. La clausola di arbitrato eventualmente contenuta negli accordi collettivi ha natura facoltativa, di talché le parti possono sempre preferire la giurisdizione ordinaria sino a quando non abbiano dato inizio al procedimento arbitrale.
La convenzione di arbitrato
Ai sensi dell’art. 807 c.p.c. il compromesso, ovvero il contratto con il quale le parti convengono di deferire la controversia tra le stesse già insorta ad uno o più arbitri, deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. Il requisito di forma ad substantiam si intende rispettato anche quando la volontà venga espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernete la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi. Ulteriore requisito previsto a pena di nullità è quello della determinatezza dell’oggetto. Concretamente, l’oggetto viene tramite la formulazione contestuale o successiva dei quesiti, ossia l’indicazione delle questioni che gli arbitri dovranno esaminare.
Secondo quanto previsto dall’art. 808 c.p.c., anche la clausola compromissoria deve essere pattuita in forma scritta. Tale clausola, segnatamente, individua la pattuizione inserita in un contratto con cui le parti preventivamente si impegnano a risolvere per mezzo di arbitrato tutte le eventuali controversie aventi ad oggetto il medesimo contratto ed è soggetta al meccanismo della doppia sottoscrizione ex artt. 1341-1342 c.c. e 33 cod. cons.
Esiste, inoltre, una convenzione di arbitrato in materia non contrattuale, disciplinata dall’art. 808-bis c.p.c., che prevede la devoluzione ad arbitri di controversie future derivanti da fatti illeciti o ogni altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art 1173 c.c. Anche in questo caso, la convenzione deve essere stipulata per iscritto e avere un oggetto determinato.
Con la norma di chiusura espressa dall’art. 808-quater c.p.c., il legislatore ha previsto che nel dubbio, la convenzione di arbitrato debba essere interpretata nel senso di estenderela competenza arbitrale a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convezione si riferisce.
Arbitrato rituale e arbitrato irrituale
Con riferimento all’aspetto organizzativo e pratico, si parla di arbitrato ad hoc e amministrato. L’arbitrato ah hoc, disciplinato dall’art. 816-bis c.p.c., si svolge secondo i criteri individuati dalle parti nella convenzione di arbitrato e le regole determinate dagli arbitri, nei limiti della legge. L’arbitrato amministrato di cui all’art. 832 c.p.c. si svolge secondo regolamenti precostituiti di istituzioni arbitrali e sotto la supervisione delle stesse. Le parti, in particolare, possono semplicemente richiamare il regolamento di una determinata istituzione arbitrale (cd. arbitrato regolamentato), oppure svolgere l’intero arbitrato usufruendo dei servizi dell’istituzione arbitrale che monitora l’andamento del procedimento apprestando altresì il supporto logistico per l’espletamento della procedura.
Gli arbitri per la risoluzione delle controversie
Nel caso in cui la nomina degli arbitri competa alle parti, la parte interessata ad introdurre il giudizio ha l’onere di notificare alla controparte i nominativi dei soggetti prescelti, invitandola, a norma dell’art. 810 c.p.c., a procedere alla designazione dei propri arbitri e a comunicare la propria scelta entro i venti giorni successivi. La notifica dell’atto di nomina è idonea ad interrompere la prescrizione ed impedire la decadenza dal termine per la proposizione dell’arbitrato. L’omessa comunicazione della parte notificata autorizza chi ha fatto l’invito a richiedere la nomina al Presidente del Tribunale. In seguito alla nomina, l’accettazione dell’incarico da parte dell’arbitro deve essere manifestata per iscritto ex art. 813 c.p.c.
Se gli arbitri nominati vengono a mancare, si applica la disposizione di cui all’art. 811 c.p.c. e la sostituzione viene operata conformemente a quanto stabilito nella convenzione di arbitrato. Se la convenzione nulla dispone a riguardo, o la parte o il terzo cui spetta nominare il sostituto non vi provvede, si procede con il ricorso al Presidente del Tribunale a norma dell’art. 810 c.p.c. La sostituzione dell’arbitro fa decorrere un nuovo termine per l’emissione del lodo e interviene anche in seguito alla decadenza dell’arbitro nei casi di omesso o ritardato compimento di un atto relativo alle sue funzioni ex art. 813-bis c.p.c.
L’arbitro, in ogni caso, è responsabile personalmente per i danni cagionati alle parti nelle ipotesi di cui all’art. 813-ter c.p.c., ovvero quando “1) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciato all’incarico senza giustificato motivo; 2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826. Fuori dai precedenti casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dall’articolo 2 commi 2 e 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117”. In pendenza del procedimento di arbitrato, l’azione di responsabilità è possibile solo nei confronti dell’arbitro decaduto o dimessosi senza giustificato motivo; dopo la pronuncia del lodo, è necessario che sia prima stata accolta l’impugnazione con sentenza passata in giudicato affinché l’interessato possa agire contro l’arbitro facendo valere i motivi posti alla base dell’annullamento della pronuncia stessa. In caso di responsabilità dell’arbitro, questi perde il diritto al compenso di cui all’art. 814 c.p.c.
L’eventuale richiesta di ricusazione dell’arbitro per i motivi di cui all’art. 815 c.p.c. deve essere proposta con ricorso al Presidente del Tribunale entro dieci giorni dalla notificazione della nomina dell’arbitro o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione (assenza delle qualifiche espressamente convenute dalle parti; interesse personale diretto o derivato nella causa; rapporto di coniugo, parentela, frequenza abituale, pendenza di giudizio o grave inimicizia con le parti, loro legali rappresentanti o difensori; rapporto di lavoro, consulenza, prestazione d’opera o altri rapporti di natura patrimoniale o associativa con le parti, società controllata o controllante; rapporto di tutela o curatela con una delle parti; attività di consulenza, assistenza, difesa in fasi precedenti della vicenda o assunzione dell’ufficio di testimone).
Procedimento
Il procedimento di arbitrato si svolge secondo le regole determinate dalle parti nella convenzione arbitrale; in assenza di regole procedimentali ex parte, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento della procedura nel modo che ritengono più opportuno, nel rispetto del principio del contraddittorio fissato dall’art. 816-bis c.p.c., con la concessione alle parti di ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. La difesa tecnicanel corso del procedimento è facoltativa; salvo espressa limitazione, la procura conferita al difensore si intende generale e a quest’ultimo vanno notificati il lodo e l’eventuale impugnazione.
La fase istruttoria è ispirata al principio di collegialità, con la possibilità di delega di cui all’art. 816-ter c.p.c., che disciplina, altresì, le modalità di assunzione dei mezzi di prova. La concessione di provvedimenti cautelari è generalmente competenza esclusiva del giudice ordinario cosicché, ai sensi dell’art. 818 c.p.c., gli arbitri non possono apprestare tutela cautelare salva diversa disposizione di legge. In caso di questioni pregiudiziali penali, civili o costituzionali, il procedimento arbitrale viene sospeso con ordinanza motivata e, in caso di mancato deposito dell’istanza di prosecuzione entro il termine indicato dagli arbitri o, in difetto, entro un anno dalla cessazione della causa di sospensione, ne segue l’estinzione.
La pronuncia del lodo deve intervenire a norma dell’art. 820 c.p.c. nel termine indicato dalle parti o nel termine legale di duecentoquaranta giorni dall’accettazione della nomina da parte degli arbitri, salva possibilità di proroga. L’eventuale ritardo nella pronuncia deve essere fatto valere con specifica eccezione nelle modalità indicate dall’art. 821 c.p.c. Il lodo, in particolare, deve essere redatto per iscritto e contenere: nominativo degli arbitri, indicazione della sede di arbitrato, delle parti, della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti, esposizione sommaria dei motivi, dispositivo, data e sottoscrizione. In assenza del contenuto minimo (motivi, dispositivo, sottoscrizione) il lodo è nullo ai sensi dell’art. 829 c.p.c., mentre la carenza degli altri requisiti può essere sanata mediante la procedura di correzione di errore materiale di cui all’art. 826 c.p.c. Il lodo rituale va depositato unitamente alla convenzione di arbitrato nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato per la dichiarazione di esecutività. A mente dell’art. 825 c.p.c., il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi in cui vi sarebbe soggetta la sentenza di medesimo contenuto.